A cavallo tra il XVI e il XVII sec. appare un nuovo materiale su cui imprimere le matrici; la cosiddetta cera di Spagna, meglio conosciuta come ceralacca.
Da un punto di vista strutturale, essa risulta costituita da vari ingredienti che, come nel caso della cera per sigillare, sono elencati in moltissimi ricettari sette-ottocenteschi; la ceralacca è costituita principalmente da gommalacca, sostanza secreta da alcuni insetti presenti in particolari tipi di alberi, alla quale venivano aggiunti la trementina e la resina, insieme a sostanze fluidificanti come olio e aceto.
Secondo gli antichi procedimenti, i componenti erano presenti in parti variabili secondo il tipo di impasto che si voleva impiegare; per ottenere il colore, anche in questo caso, si univano all’amalgama i soliti pigmenti minerali, generalmente il cinabro, per ricavare un composto rosso.
Il materiale ottenuto era utilizzato nella sigillatura di lettere private, almeno agli inizi della sua diffusione, per impronte di dimensioni assai contenute; la ceralacca, infatti, è molto più fragile del composto ceroso usato comunemente per i sigilli di dimensioni maggiori; nondimeno appare molto più lucida e brillante, soprattutto nella colorazione rossa, e riceve in modo netto e preciso il rilievo della matrice all’atto dell’impressione.
Le impronte in ceralacca si trovano in gran numero a partire dalla metà del Seicento fino a dilagare nei periodi successivi; di colore principalmente rosso, nelle epoche posteriori si possono trovare anche nere e verdi, perdurando nell’uso, ormai svuotato del suo antico significato, fino ai giorni nostri.