"In quorum omnium et singulorum fidem et testimonium...presens
publicum instrumentum...publicari mandavimus sigillique nostri
iussimus et fecimus appensione communiri."
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L'annuncio del sigillo, così sinteticamente e solennemente espresso, alla
fine del XV secolo, definisce la precaria condizione di un oggetto,
costituito di materiali morfologicamente fragili, la cui esistenza è
letteralmente appesa ad un filo.
Confrontarsi con le problematiche relative al restauro dei sigilli spesso
significa intraprendere un cammino irto di difficoltà e di ostacoli, il cui
superamento, per ottenere risultati eccellenti nella disciplina,
non è sempre agevole.
Nella realtà italiana, in effetti, non è ancora stato chiarito se il sigillo
abbia una sua peculiare dignità, degna dell'attenzione di
uno specialista.
La simbiosi linguistica, suggerita dalla scienza diplomatica che parla di
"litterae pendentes", di "mandatum pendens" o di "bulla", per indicare i
documenti provvisti di sigilli, esemplifica in sintesi una certa
confusione di competenze.
In effetti, non è infrequente costatare come, soprattutto nei decenni
passati, il restauro dei sigilli fosse spesso demandato a persone che si
occupavano di carte o pergamene: la varietà del materiale che compone
un sigillo richiede una competenza specifica multidisciplinare, poichè il
restauratore deve confrontarsi con
metallo (bolle), legno (teche), fibre tessili (cordoni) ed soprattutto con la cera.


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